L'anelito alla solitudine

Non è semplice seguire gli spostamenti di Adelaide nel periodo della sua vita che precedette l’ingresso al convento di clausura; né p. Uccello nella sua biografia segnò date certe, né, tantomeno, esistono molte testimonianze in cui sono specificate date sicure. Sappiamo, però, che negli anni che precedettero il suo passaggio dalla vita secolare a quella monacale, Adelaide fu terziaria francescana presso la chiesa di san Francesco all’Immacolata di Siracusa e, il 19 luglio 1920, fu nominata vice segretaria.

Prima di essere ammessa nel monastero delle Clarisse, fu ospite presso l’Istituto delle Figlie del Divin Zelo diretto dal can. Annibale Maria Di Francia, si pensa tra il 1923 e il ‘24. L’attesa per il suo ingresso nel monastero delle Clarisse fu di oltre quattro anni durante i quali alternò  soggiorni a Messina e ritorni alla sua città natale.

A Grottasanta

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Il desiderio che Adelaide ebbe fin dall’infanzia fu quello di poter dedicare la propria vita interamente a Gesù; adesso, nel suo stato vedovile, in attesa di potersi trasferire nel monastero delle Clarisse di Messina dove desiderava ritirarsi per poter servire il Signore, cercò con tutte le sue forze di sottrarsi allo sguardo del mondo nel tentativo di vivere nella completa solitudine; a tal fine si trasferì a vivere in una “orrida grotta” situata in contrada Grottasanta che lei stessa, definì «la grotta delle rivelazioni per le straordinarie illustrazioni celesti ivi ricevute»[1]. Nella grotta Adelaide abitò più volte: dapprima con il figlio e, dopo avervi dimorato per qualche tempo da sola  vi abitò in compagnia di due amiche diventate poi suore.

In famiglia

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Mentre era a casa del padre prima e delle sorelle poi, Adelaide dedicò tutte le proprie giornate ad atti di carità e di misericordia verso i poveri e gli ammalati, accudendoli e procurando loro del cibo; i familiari si lamentavano per tali gesti di carità cristiana compiuti. La sorella Maria, infatti, scrisse:

«Si recava di casa in casa e nei paesi vicini e distribuiva poi il ricavato ai poveri. Portava in casa nostra poveri sporchi e cenciosi; li ripuliva e li liberava dai parassiti che avevano addosso, e poscia dava loro da mangiare. Noi non volevamo, dicendole che era pazza, e che sarebbe morta di malattie come i poveri».

[1] La Grotta Santa nel secolo XVII fu frequentata e santificata da un famoso operaio – Giuseppe Veneziano – che vi meditava la Passione del Signore e vi compiva aspre penitenze. Ebbe la direzione e l’appoggio del P. Innocenzo Marcinò da Caltagirone, poi divenuto Generale dei Cappuccini e del quale ora è in corso la Causa di Beatificazione. Ora su quella grotta sorge la nuova parrocchia, affidata ai Servi di Maria.