Padre Pio e suor Chiara

Il destino di suor Chiara come quello di san Pio

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La vita di suor Chiara potrebbe essere letta quasi in sinossi con quella di san Pio da Pietrelcina, altro grande stigmatizzato del XX Secolo. Entrambi subirono la diffidenza e le ostilità di chi non credeva alle manifestazioni soprannaturali che si compivano in loro.

Il vicario generale Giovanni Musumeci, incrociò la vita di entrambi; egli stesso, infatti, a proposito di suor Chiara, riferì al can. Cannarella:

«[…] io non credo a niente di quanto si dice riguardo ad essa. Anzi sono contento che, come scopersi il trucco di P. Pio da Pietralcina, Cappuccino nel convento di San Giovanni Rotondo, quando io ero vicario generale di Foggia, ho potuto ora scoprire quest’altro trucco. Sono essi che si fanno le ferite per apparire stigmatizzate»[1].

Giovanni Musumeci, quando divenne vicario generale a Siracusa, mantenne buoni rapporti con p. Agostino Gemelli e lo consultò chiedendogli consigli sul comportamento da adottare nei confronti di suor Chiara. I consigli di p. Agostino Gemelli furono esitati: suor Chiara, che aveva già subito un controllo medico quand’era ospite in seminario, il 20 giugno del 1930 fu trasferita presso l’Istituto delle Figlie della Carità; qui venne fatta alloggiare in uno stanzino quasi senza luce e senza aria, dove stava da sola, con espressa proibizione di uscire; venne sottoposta periodicamente agli esperimenti del medico, che furono ripetuti per altre tre volte ed in maniera sempre più rigorosa; la sorveglianza venne effettuata costantemente dalle suore che avevano l’ordine di vigilare affinché suor Chiara non si causasse da sé quelle piaghe; in quella stanzetta «[…] vi rimase tre lunghi mesi senza cambiamento né sollievo, visitata solo dal Vicario e dal medico, che invano si affaticava a trovare l’inganno»[2].

San Pio come suor Chiara, condivise l’esperienza mistica delle stimmate[3], l’amore filiale per la Madonna, la carità verso il prossimo ed in particolare verso i poveri, i bisognosi, i malati, nei quali entrambi vedevano l’immagine riflessa di Gesù. Anche san Pio, come suor Chiara, consumava scarse quantità di cibo e, ciononostante, sosteneva un lavoro continuo senza dar segni di stanchezza. Sappiamo tutti che san Pio possedeva anche il carisma dell’osmogenesi, il dono di emanare effluvi odorosi che gli consentiva di far sentire la sua presenza, in vita ma anche dopo morte e anche suor Chiara ebbe in dono questo particolare carisma. Dopo la morte di suor Chiara, nel momento in cui il suo corpo iniziò a sudare, nella stanza i presenti sentirono un dolce profumo; allo stesso modo a Modica, in casa Minardi, nel momento in cui l’immaginetta di suor Chiara iniziò a sanguinare, si sparse ovunque, un dolce profumo che si mantenne per diversi giorni.

Altra similitudine che è possibile riscontrare tra san Pio e suor Chiara si riferisce alla lotta che entrambi dovettero affrontare con le forze demoniache.Il demonio visitò suor Chiara, sotto varie sembianze, anche prima che la religiosa pronunciasse i voti. Le visite avvenivano soprattutto la notte quando, secondo le testimonianze di alcune suore Clarisse, si avvertiva «un forte rumore di catene». Suor Chiara confidava al suo direttore spirituale queste sue apparizioni. Il 7 ottobre 1930 scrisse: «Il demonio mi venne davanti come un uomo grosso e lungo. Mi diceva: - sei nelle mie mani; la vittoria è mia! – lo scongiurai col nome di Gesù e Maria e subito spariva, stava un poco e ritornava. Lo scongiurai di nuovo. Poi mi disse: Maledetta! Sparì e non venne più». È evidente che il diavolo teme molto le anime privilegiate: così fu per p. Pio, così per suor Chiara.


[1]Dichiarazione di Giuseppe Cannarella, 22 luglio 1935, in ASDS, Fondo Canonizzazione Di Mauro, vol. 1, f. 139r.

[2] Cf Cultrera, Un’abitatrice delle caverne, 68.

[3] Cf. F. Bevilacqua, Opere e miracoli di Padre Pio, Zeus, Seregno (MB) 1996, 39. In san Pio le stimmate comparvero il 20 settembre 1918 e scomparvero gradualmente verso la fine della sua vita mentre in suor Chiara rimasero visibili anche dopo la sua morte.