Il processo canonico

Suor Chiara in vita – ma anche dopo morta – non ricevette unanimità di consensi; le opinioni su di lei si divisero fra quanti la considerarono un’autentica espressione di santità e quanti la reputarono una visionaria; così, ancor oggi, non cessa di essere una testimonianza difficile da comprendere agli occhi del secolo; lo dimostrano le avversità della sua vita, la lunga attesa per la causa di Beatificazione, poi l’apertura del processo canonico e l'attesa della sua definizione.

Dalla morte di suor Chiara all’apertura della causa di Beatificazione trascorrono cinquantuno anni; da questo si comprende come nel cuore dei fedeli sia rimasto vivo il ricordo della “monaca santa” . Non deve stupire il fatto che l’apertura della causa canonica non sia avvenuta nell’immediatezza della morte della suora: nei suoi confronti, infatti, sia in vita sia dopo la sua morte, vi furono forti contrasti tra il clero, e alcuni tentarono di «svalutarne la virtù e di oscurarne la fama». Ma, ad onta del tempo trascorso e dei contrasti sorti tra chi ne attendeva la beatificazione e quanti, invece, la consideravano solo una squilibrata, il 16 luglio 1983, fu decretata dall’arcivescovo Calogero Lauricella l’introduzione della causa di Beatificazione e Canonizzazione. Delle spese necessarie se ne fece carico la sig.ra Giuseppina Sirchia, vedova Leone, che fu anche tra le principali promotrici per l’inizio del processo.

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