Suor Chiara Francesca di Gesù Agonizzante (Adelaide Di Mauro)

L'astinenza dal nutrimento

Un fenomeno ricorrente nella vita di suor Chiara fu l’astinenza dal nutrimento per lunghissimi periodi; ella, come si evince da varie testimonianze, si cibava di una sola tazza di latte al giorno ed il giovedì e venerdì, rinunciava anche a questa. Dopo la morte del marito, ritornata per un breve periodo a vivere in famiglia, difficilmente si metteva a tavola e spesso il suo unico alimento si riduceva a «qualche cosa di ciò che rimaneva o veniva conservato per i gatti». Allo stesso modo le testimonianze legate al suo periodo di permanenza presso il monastero confermano che il suo unico cibo, quando non faceva digiuno, si limitava ad una tazzina di latte e se veniva costretta a mangiare ella lo faceva per obbedienza ma poi stava male e vomitava. Suor Costantana Collura scrisse: «Mi consta che Suor Chiara nulla prendeva di cibo, solo per ubbidienza beveva una piccola quantità di latte e nemmeno questa durante i giorni in cui soffriva i dolori della passione di N.G.C.». Il dottor Randone, incaricato al controllo delle stimmate di suor Chiara per volere della Curia, impose che la suora venisse pesata giornalmente e constatò che ella mantenne sempre lo stesso peso, quasi che il pane eucaristico supplisse ad ogni necessità. Negli ultimi mesi di vita prendeva soltanto un po’ di caffè per bagnarsi le labbra ed ha quindi del prodigioso il fatto che questa donna vivesse di così tanti stenti, continuando a mantenere energia, vitalità ed equilibrio mentale.

Suor Chiara aveva preso fin da bambina anche l’abitudine di astenersi dal bere. All’età di dodici anni si astenne dal bere per due anni prendendo soltanto, per volontà di Gesù, del succo di limone o di arancia e per la sete le si spaccavano le labbra, eppure nessuno si accorse di questa sua grande penitenza; ella sosteneva che il sacrificio dell’arsura era «per la purezza del sacerdozio e per le anime purganti»;  Gesù in compenso la liberò per sempre dalla sete. La suora che le offrì assistenze gli ultimi nove giorni di vita, affermò che la Serva di Dio aveva poco bisogno di cura in quanto «[…] non beveva (e so che non beveva fin da bambina) e non mangiava; si può dire che a me non arrecava nessun incomodo»

 

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